La zona più attiva è quella più occidentale, tra Modena, Moglia e Mirandola, ma oggi si sta estendendo verso ovest. Da mezzanotte alle 12,45, prima della nuova lunga e potente scossa delle 12.55, le scosse di terremoto registrate dagli strumenti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia in provincia di Modena sono state 63! E secondo alcune ipotesi, all’origine del terremoto di magnitudo 5,8 avvenuto questa mattina nel modenese potrebbe esserci la rottura di una nuova faglia.
Secondo le prime analisi è possibile paragonare il terremoto principale dell’Emilia con quanto è successo a L’Aquila nel 2009 e durante il sisma umbro-marchigiano del 1997. E questo sia per l’intensità del terremoto principale (seppure inferiore ai secondi) che per la profondità dell’ipocentro.
Se il comportamento continuerà su questa strada, allora c’è da aspettarsi un lungo periodo di scosse di assestamento.
Nel caso del 1997, infatti, le lunga scia di scosse durò per un anno intero. La sequenza di Colfiorito, in particolare, fu quella che più di tutte mostrò una forte tenuta nel tempo: varie scosse, con un’intensità che più di una volta superarono il 5° Richter, si ripeterono a più riprese. In quel caso si registrò anche un tortuoso fenomeno di migrazione degli epicentri, che dalla faglia principale passarono a faglie contigue. Queste si attivarono, come si è potuto interpretare successivamente, in seguito alla sollecitazione di fluidi sotterranei che si muovevano tra le faglie.
Ma conosciamo davvero bene il fenomeno delle “scosse di assestamento”? No, secondo Karen Felzer dell’U.S. Geological Survey (Usa), che ha pubblicato una ricerca a tal proposito su Nature. “Analizzando decine di terremoti in prossimità della Faglia di San Andreas, abbiamo scoperto che scosse di assestamento avvengono anche a distanze ritenute fino ad oggi improbabili. Ne abbiamo viste alcune che si sono originate anche a 50 km dall’epicentro del sisma principale che si è verificato all’interno di faglie di pochi chilometri di lunghezza. Quindi l’idea che le scosse di assestamento possono avvenire in un’area non superiore al doppio della lunghezza della faglia che ha originato il sisma non può essere ritenuta valida. In realtà per fare una previsione su fin dove le scosse sismiche di assestamento possono verificarsi bisogna guardare al modo con cui le onde sprigionate dal terremoto principale si attutiscono con la distanza. Ma questo è un lavoro complesso che richiede anche una grande quantità di sismografi sul territorio”, ha spiegato Felzer.
L’incertezza dunque, sul numero e sullo sviluppo delle onde di assestamento rimane e lo dimostra la varietà di situazioni che negli ultimi anni si sono avute dopo i più violenti sismi verificatisi sul nostro Paese. Dal lungo sciame del terremoto del 1997 alla sorpresa di una scossa di assestamento a distanza di 4 mesi, che, successivamente al terremoto principale del Friuli del mese di maggio del 1976, si ripresentò con un’intensità di pochissimo inferiore alla scossa principale.
Non rimane dunque, che rimanere vigili. E attendere le prossime ore, quando i dati saranno analizzati e potranno aiutarci a capire meglio la situazione.